La produzione discorsiva del soggetto
È ancora lecito oggi porre la questione della soggettività, e dei modi della sua produzione, al centro di un’analisi sull’etica e sulla politica? A fronte dell’iperspecializzazione tecnologica che investe i processi di costituzione del legame sociale, e nel pieno di una mutazione antropologica di portata globale che sempre più autorizza il decentramento attuale dall’umano alla macchina, c’è ancora posto per il soggetto e per il suo originario rapporto con il godimento e con il linguaggio? Raccogliendo la problematica eredità dello Strutturalismo, ma scongiurando al tempo stesso qualsiasi tentazione al ritorno trascendentale del soggetto fondatore e del suo idealismo implicito, Michel Foucault e Jacques Lacan indicano il tracciato possibile di una risposta affermativa. Possono i due pensatori dunque parlarsi dalla radicale alterità dei propri percorsi? Nella contrapposizione spesso ostinata che tuttora si ascrive ai due profili intellettuali è possibile esplorare l’ipotesi di una convergenza? La tesi di questo libro è che tale operazione si presenti come quanto mai opportuna. La scena di un dialogo, a tratti forse improbabile, tra Foucault e Lacan riflette infatti un’esigenza teorica cruciale tanto per la filosofia quanto per la psicoanalisi, ossia quella dell’istituzione di uno spazio d’incontro possibile con il limite delle proprie rappresentazioni, quale condizione a entrambe necessaria per potersi ancora pensare, pensando risolutamente il margine d’impossibilità che le separa dal proprio oggetto. In una simile prospettiva, assumere la soggettività non come pienezza di senso ma come eccedenza sintomatica rispetto alle prese oggettivanti del contemporaneo ordine del discorso capitalista costituisce, oltre che un fertile punto di contatto tra le epistemologie mobilitate dai due autori, la via maestra lungo la quale filosofia e psicoanalisi possono esercitare ancora con efficacia la propria presa analitica sul presente.
Matemi n.11