Malati di Alzheimer e persone colpite da danni cerebrali irreversibili, ma anche individui segnati dalla guerra, vittime di abusi sessuali o di catastrofi naturali: esistenze nelle quali l’evento traumatico ha distrutto la vecchia identità per scolpirne una totalmente inedita, disertata, distaccata, indifferente, senza passato. Vicende soggettive, dunque, che smentirebbero clamorosamente il classico paradigma psicoanalitico in virtù del quale è identificabile come traumatico l’evento capace di riattivare la memoria di esperienze rimaste in attesa di significazione. Sin dalla loro comparsa le tesi esposte da Catherine Malabou nei Nuovi feriti non hanno mancato di far discutere gli studiosi – non soltanto gli analisti, ma anche i filosofi. Tra questi, Slavoj Žižek, uno dei primi ad aver colto la posta in gioco del libro: la tentazione ermeneutica è insita nel dispositivo stesso della psicoanalisi o è, appunto, una tentazione cui la psicoanalisi può e anzi deve resistere? Due interpretazioni del lascito freudiano chiaramente antitetiche, che trovano in Žižek e Malabou i protagonisti di una rigorosa discussione sulle figure del traumatismo contemporaneo. Il dibattito che ne deriva oppone due concezioni del trauma: da un lato, quella che lo pensa all’interno di una logica di senso rivelata dalla cura psicoanalitica; dall’altro, quella che lo fa coincidere con l’irruzione immotivata di un accidente la cui potenza cancella ogni traccia del passato. Un’alternativa che costringe il lettore a rinunciare a convinzioni consolidate e a inoltrarsi in un territorio teorico-clinico ancora tutto da esplorare.
Nova Humana Materia n.1